Quando mi chiedono da quanto tempo “scrivo”, mi viene spontaneo rispondere “da sempre”.
Conservo ancora i primi diari, quelli con il lucchetto che poi nascondevi la chiave insieme a tutti i segreti confessati in quelle pagine. Avevo sei anni. Poche parole e tanti cuoricini disegnati. A quattordici quei cuoricini si erano trasformati in pagine scritte fitte fitte, piene di sentimenti, malesseri e speranze adolescenziali.
La scrittura era la mia amica più cara, alla quale confidavo ogni emozione delle mie giornate.
Il passo per capire che non potevo vivere senza la penna in mano è stato breve. Al liceo i temi erano gioia per l’applicazione dei miei studi e i diari erano diventati, come i vini, volumi divisi per annata. Non sapevo come e se lo avrei fatto, ma ero fermamente convinta che il mio lavoro sarebbe stato scrivere.
Mio padre e mia madre mi guardavano un po’ straniti quando la sera – tutti davanti alla tv – io mi chiudevo in camera e riempivo fogli di aneddoti ed emozioni.
L’università mi interessava, ma le case editrici e le redazioni molto di più. Studiavo e mandavo curriculum. Qualcuno mi avrebbe preso. Mi chiamò la De Vecchi Editore per un posto da centralinista. Accettai ma l’assunzione durò poco dato che ogni due minuti sparivo in redazione a respirare quell’aria di libri che faceva parte della mia anima.
Dopo poco partecipai a una selezione di Arpel Fur, un giornale di moda in pelle. Scrissi l’articolo che fu valutato il migliore, ed ottenni quel posto. Da lì la strada fu tutta in discesa. Prima collaborai con Il Giornale, poi con le migliori testate di turismo, per arrivare al ruolo di responsabile ufficio stampa di un noto tour operator, per ritrovarmi poco dopo nel mondo discografico a intervistare noti cantanti italiani.
Scrivere articoli, se anche mi piaceva mi limitava, così cominciai a scrivere brevi racconti per Alba un settimanale femminile. Vita, lavoro e maternità non mi consentirono mai di scrivere un romanzo, fino al giorno in cui depositare ricordi ed esperienze divenne una necessità. Tre anni per scrivere “Perché ti ho messo al mondo”, il mio primo romanzo, pubblicato nel 2012 che ancora oggi lo considero il mio capolavoro, perché l’ho vissuto con tutti i sentimenti, i ricordi, il dolore, le emozioni e la gioia di esserci finalmente riuscita.
Intanto i binari della mia vita avevano cambiato direzione. L’incontro casuale con un chirurgo plastico mi spalancò le porte del giornalismo e della promozione nel settore della medicina estetica e della chirurgia plastica. Un settore non particolarmente creativo ma molto redditizio che mi assorbì tanto da dar vita alla Top of the Plastic Surgery, attività promozionale e di management medico di cui sono tutt’ora titolare.
Due anni fa il richiamo alla scrittura è stato fortissimo. Dopo tanto impegno professionale potevo concedermi nuovamente il lusso di scrivere. Oggi, con la pubblicazione de “Il Pentagramma dell’anima” posso affermare che la mia felicità è proprio qui: dentro la scrittura.